The
Red Harlequin è un’opera cupa e drammatica, ambientata in un
medioevo distopico, con una forte componente visiva che cattura il
lettore sin dalle prime pagine. Il fumetto, in via di sviluppo, è
nato dall’omonima serie di libri uscita per la prima volta in
Francia. Ad oggi ne contiamo cinque, che hanno venduto più di 15.000
copie. Con noi abbiamo Roberto Ricci, l’autore dei romanzi e del
fumetto in questione che ho avuto la fortuna di leggere in anteprima,
che ci racconterà nel dettaglio la storia e ci svelerà qualche
piccolo retroscena.
In breve,
introducici nel mondo che hai creato. Cosa racconta la tua storia?
Il mondo che ho creato è un mondo diverso dal nostro, surreale, in
cui tutti i suoi abitanti devono indossare delle maschere in
pubblico, (è una delle Leggi Collettive), e in cui ciascuna nazione
si identifica in un colore. E’ un mondo dove è il
colore che crea l’identità culturale e politica di
ciascuno e dove se non appartieni ad un singolo colore vuol dire che
appartieni a tutti e a nessuno e quindi fai parte
degli Arlecchini, creature misteriose di cui tutti hanno paura
proprio perché non conformi alle regole. La mia storia
racconta, attraverso una favola distopica, i pregiudizi
e le ipocrisie che risultano avere il sopravvento su società chiuse
in loro stesse e nelle loro paure. Ma Red Harlequin
racconta anche della forza inarrestabile del cambiamento
che spazza via tutto ed è rappresentata dal protagonista, un
quattordicenne membro della Nazione Nera di nome Asheva.
La sua diventa una forza (anche violenta) depuratrice e non a
caso per il nome mi sono ispirato a Shiva, la divinità
indiana che rappresenta sia la forza distruttrice che
quella rigeneratrice (ora smetto di parlare su questo argomento se no
va a finire che spoilero!).
Quando si parla di
maschere è inevitabile pensare al rinomato Luigi Pirandello. Quanto
hai preso in prestito dalla sua arte per scrivere questa storia?
Ad
essere sinceri, sebbene ho letto (e apprezzo molto) Pirandello, non
mi sono ispirato a lui ma piuttosto sono andato
ancora più indietro nel tempo alla nostra tradizione della Commedia
Dell’Arte e al Carnevale.
Sono
sempre stato affascinato dal discorso delle maschere, dai costumi e
dal Carnevale. Di fatto, nei secoli scorsi il Carnevale
era anche visto come una liberazione, potevi indossare una
maschera e per una notte non essere più quello che eri di giorno.
Ho fatto mio questo concetto in Red Harlequin. Nei
miei libri i personaggi liberi sono gli Arlecchini appunto.
Ogni autore nasconde
se stesso all'interno di un'opera. Tiziano Sclavi ha affermato che in
Dylan Dog lui fosse i mostri. Tu dove ti sei nascosto?
In
Asheva, ovviamente.
I fumetti
viaggeranno sulla stessa scia dei libri o prenderanno una strada
diversa?
I
fumetti viaggiano sulla stessa scia dei libri. Abbiamo appena
completato il primo volume, chiamato “La Nazione Nera”
che ricalca appunto quanto accade nella prima metà di Maschere e
Cromi, il primo libro della serie.
Come hai gestito la
scrittura del libro avendo a disposizione solamente le parole per
mostrarci un mondo che ha come protagonisti i colori?
Mi
dicono che sono molto “scenico” cioè che rappresento bene la
scena e i personaggi. Per quanto riguarda mostrare un
mondo che ha come protagonisti i colori, non è poi così difficile.
Anche il nostro mondo ha per protagonisti i colori,
solo che non ci facciamo più molto caso. Basta
vedere come siamo vestiti, a partire dai tradizionali colori azzurro
e rosa che segnano ed identificano l’identità nella
prima infanzia, ai colori che individuano le nostre appartenenze
politiche fino alle città tutte di un colore (basta pensare a
molte città mediterranee dipinte tutte di bianco)
Raccontaci del
rapporto che hai avuto con i tuoi collaboratori, Giuseppe De Donato
alle matite e Elisa Bartolucci ai colori: Sono entrati subito nella
tua testa per replicare visivamente il mondo che hai creato?
Il
progetto è nato in primis con un amico (nonché l’Art Director dei
fumetti) Alessandro Tarabelli con cui già collaboravo
da tempo su altri progetti. Alessandro è un artista e graphic
designer con alle spalle venti anni di esperienza. Con
lui abbiamo iniziato a ragionare concretamente sul
progetto. Poi, grazie alla scuola di comics di Jesi di cui Alessandro
è stato un diplomato, abbiamo avuto la fortuna di
incontrare prima Giuseppe e poi tramite Giuseppe, anche Elisa.
Giuseppe ed Elisa sono due ragazzi pieni di talento e per me
non è che la riprova che in ambito design e
fumetti la scuola italiana non é seconda a nessuno. Giuseppe ha il
dono, oltre che quello di essere un grande
disegnatore, di essere molto “cinematico” e quindi è riuscito a
fornire un dinamismo alla sceneggiatura e alle
vignette visivamente molto appagante. Con Elisa invece è
arrivata la primavera, nel senso che da subito ha dato un suo stile
molto originale e “fresco” alla colorazione, che
poi era fondamentale in quanto appunto i colori fanno parte anch’essi
della narrativa.
Per aiutarli, hai
dato loro opere di riferimento alle quali ispirarsi? Se si, quali?
Per
la colorazione ad esempio, ho fatto riferimento a Star Wars. In Red
Harlequin, il colore di appartenenza è tutto e
quindi ne consegue che i personaggi debbano essere vestiti di quel
colore. Allora ho fatto riferimento al fatto che in Guerre
Stellari tutti i cattivi sono sempre monocromatici,
tutti Rossi, tutti bianchi, tutti neri ecc. In Red Harlequin il
concetto è più o meno simile anche se con nuance
diverse.
Parliamo invece del
lato tecnico del fumetto: Visivamente, quanto sarà fondamentale la
componente cromatica? Giocherete molto con i colori a seconda del
regno nel quale ci troviamo?
Nel
primo volume del fumetto, ambientato nella città Nera di Axyum,
abbiamo scelto di rendere tutto molto scuro e
desaturato, per enfatizzare appunto il concetto cromatico (o
monocromatico) dei Neri e per enfatizzare anche un senso
quasi claustrofobico di una società chiusa in se
stessa. Successivamente, a partire dal secondo volume, si
schiuderanno agli occhi del protagonista nuovi orizzonti e
anche per il lettore entrerà il colore in maniera preponderante e
inizierà un vero e proprio viaggio tra i Territori, fatto
di nuovi colori, nuove nazioni e nuove avventure.
E lo stile del
disegno sarà sempre lo stesso o subirà una mutazione?
Personalmente
prediligo mantenere un unico stile, anche per dare un senso di
familiarità alla serie e al lettore.
The Red Harlequin
come film o serie televisiva è concepibile? Ci stai lavorando?
E’
concepibilissimo! E infatti ci stiamo lavorando da ottobre scorso,
cioè da quando io e la mia agente Lisa Hryniewicz
siamo andati a proporlo al Mercato Internazionale dell’Audiovisivo
(MIA) a Roma dove abbiamo avuto riscontri talmente
entusiasmanti che hanno sorpreso anche noi.
Puoi farci qualche
piccolo spoiler su cosa ci aspetterà nel futuro di questa serie?
Beh,
non mancano certo i colpi di scena durante tutta la serie. Posso solo
dire che ad un certo punto del suo viaggio Asheva
incontrerà un arlecchino rosso...