Everything sucks! Serie tv per adolescenti targata Netflix,
uscita il 16 febbraio è composta da 10 episodi da 25 minuti.
L’ho divorata in meno di 24 ore, erano mesi che la stavo
aspettando ed essendo composta da episodi molto brevi, mi ha aiutato.
Ambientata nel 1996 nella cittadina di Boring segue la vita
di alcuni liceali, divisi in due club quello di teatro e quelli
dell’audiovisivo. Inizialmente i due gruppi s’ignorano, poi non si sopportano e
alla fine uniscono le loro forze per creare un “prodotto”.
Si potrebbe dire che i protagonisti sono sei, con membri dei
club secondari. Luke O’Neil (Jahi Di'Allo Winston), frequenta il primo anno di
liceo, insieme ai suoi inseparabili amici Tyler(Quinn Liebling) e McQuaid (Rio
Mangini), s’iscrivono al club
dell’audiovisivo, il che consiste nel seguire le riprese del telegiornale
scolastico. Luke incontra Kate Messner (Peyton Kennedy) e se ne innamora
perdutamente, la ragazza è la figlia del preside e gli amici lo mettono in
guardia: se iniziasse a frequentarla per loro le cose potrebbero mettersi male,
diventando facili bersagli.
Ma questo problema è secondario. Il club del teatro è
frequentato dai fichi della scuola (ma non lo erano i giocatori di football e
le cheerleader?) Emaline (Sydney Sweeney) e il fidanzato Oliver (Elijah
Stevenson). Luke e Kate iniziano a frequentarsi, lui tenta di baciarla, ma lei
fa scattare l’allarme antincendio allagando tutto il teatro della scuola. A
questo punto il club di teatro non potrà più andare in scena e inizieranno a perseguitare
Luke, per essere la causa di questa tragedia. Alla fine i due club uniranno le
loro forze per girare un film ed accontentare così tutti.
La serie è carina, non entusiasmante, probabilmente gli
episodi sono troppo corti e i due club fanno amicizia troppo presto, manca un
vero antagonista, il disturbatore della serie. Kate Messner sembra una versione
omosessuale di Joy Potter di Dowson’s Creek, in realtà questo telefilm lo
ricorda molto, solo che a differenza dell’originale in questo non usano paroloni
o concetti filosofici degni di Schopenhauer.
Sembra un grandissimo videoclip musicale in stile anni ’90 e
questo aspetto mi è piaciuto un sacco, anche se è ambientato in quegli anni nel
contenuto e nel linguaggio non li rispecchia per nulla, la sessualità non
veniva affrontata in maniera così esplicita e i ragazzini non rispondevano mai
in maniera maleducata ai genitori o agli adulti in generale. La recitazione di
alcuni è un po’ sopra le righe, stile Kiss me Licia con Cristina D’Avena, che
per i protagonisti di teatro, un po’ può starci, ma svilupparla per 10 episodi
diventa un po’ stancante. La serie si conclude con alcuni punti interrogativi,
che probabilmente verranno risolti nella seconda stagione, quasi sicuramente la
guarderò, ma non la sto aspettando con ansia, non è una di quelle serie che
termina e ti viene da dire “Cavoli (o qualche altra parolaccia) quanto devo
aspettare adesso???”.
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