giovedì 15 febbraio 2018

THE RED HARLEQUIN – COSA SI NASCONDE DIETRO LA MASCHERA DI UN’OPERA?


The Red Harlequin è un’opera cupa e drammatica, ambientata in un medioevo distopico, con una forte componente visiva che cattura il lettore sin dalle prime pagine. Il fumetto, in via di sviluppo, è nato dall’omonima serie di libri uscita per la prima volta in Francia. Ad oggi ne contiamo cinque, che hanno venduto più di 15.000 copie. Con noi abbiamo Roberto Ricci, l’autore dei romanzi e del fumetto in questione che ho avuto la fortuna di leggere in anteprima, che ci racconterà nel dettaglio la storia e ci svelerà qualche piccolo retroscena.


In breve, introducici nel mondo che hai creato. Cosa racconta la tua storia?

Il mondo che ho creato è un mondo diverso dal nostro, surreale, in cui tutti i suoi abitanti devono indossare delle maschere in pubblico, (è una delle Leggi Collettive), e in cui ciascuna nazione si identifica in un colore. E’ un mondo dove è il colore che crea l’identità culturale e politica di ciascuno e dove se non appartieni ad un singolo colore vuol dire che appartieni a tutti e a nessuno e quindi fai parte degli Arlecchini, creature misteriose di cui tutti hanno paura proprio perché non conformi alle regole. La mia storia racconta, attraverso una favola distopica, i pregiudizi e le ipocrisie che risultano avere il sopravvento su società chiuse in loro stesse e nelle loro paure. Ma Red Harlequin racconta anche della forza inarrestabile del cambiamento che spazza via tutto ed è rappresentata dal protagonista, un quattordicenne membro della Nazione Nera di nome Asheva. La sua diventa una forza (anche violenta) depuratrice e non a caso per il nome mi sono ispirato a Shiva, la divinità indiana che rappresenta sia la forza distruttrice che quella rigeneratrice (ora smetto di parlare su questo argomento se no va a finire che spoilero!).


Quando si parla di maschere è inevitabile pensare al rinomato Luigi Pirandello. Quanto hai preso in prestito dalla sua arte per scrivere questa storia?
Ad essere sinceri, sebbene ho letto (e apprezzo molto) Pirandello, non mi sono ispirato a lui ma piuttosto sono andato ancora più indietro nel tempo alla nostra tradizione della Commedia Dell’Arte e al Carnevale.
Sono sempre stato affascinato dal discorso delle maschere, dai costumi e dal Carnevale. Di fatto, nei secoli scorsi il Carnevale era anche visto come una liberazione, potevi indossare una maschera e per una notte non essere più quello che eri di giorno. Ho fatto mio questo concetto in Red Harlequin. Nei miei libri i personaggi liberi sono gli Arlecchini appunto.


Ogni autore nasconde se stesso all'interno di un'opera. Tiziano Sclavi ha affermato che in Dylan Dog lui fosse i mostri. Tu dove ti sei nascosto?

In Asheva, ovviamente.


I fumetti viaggeranno sulla stessa scia dei libri o prenderanno una strada diversa?

I fumetti viaggiano sulla stessa scia dei libri. Abbiamo appena completato il primo volume, chiamato “La Nazione Nera” che ricalca appunto quanto accade nella prima metà di Maschere e Cromi, il primo libro della serie.


Come hai gestito la scrittura del libro avendo a disposizione solamente le parole per mostrarci un mondo che ha come protagonisti i colori?

Mi dicono che sono molto “scenico” cioè che rappresento bene la scena e i personaggi. Per quanto riguarda mostrare un mondo che ha come protagonisti i colori, non è poi così difficile. Anche il nostro mondo ha per protagonisti i colori, solo che non ci facciamo più molto caso. Basta vedere come siamo vestiti, a partire dai tradizionali colori azzurro e rosa che segnano ed identificano l’identità nella prima infanzia, ai colori che individuano le nostre appartenenze politiche fino alle città tutte di un colore (basta pensare a molte città mediterranee dipinte tutte di bianco)


Raccontaci del rapporto che hai avuto con i tuoi collaboratori, Giuseppe De Donato alle matite e Elisa Bartolucci ai colori: Sono entrati subito nella tua testa per replicare visivamente il mondo che hai creato?

Il progetto è nato in primis con un amico (nonché l’Art Director dei fumetti) Alessandro Tarabelli con cui già collaboravo da tempo su altri progetti. Alessandro è un artista e graphic designer con alle spalle venti anni di esperienza. Con lui abbiamo iniziato a ragionare concretamente sul progetto. Poi, grazie alla scuola di comics di Jesi di cui Alessandro è stato un diplomato, abbiamo avuto la fortuna di incontrare prima Giuseppe e poi tramite Giuseppe, anche Elisa. Giuseppe ed Elisa sono due ragazzi pieni di talento e per me non è che la riprova che in ambito design e fumetti la scuola italiana non é seconda a nessuno. Giuseppe ha il dono, oltre che quello di essere un grande disegnatore, di essere molto “cinematico” e quindi è riuscito a fornire un dinamismo alla sceneggiatura e alle vignette visivamente molto appagante. Con Elisa invece è arrivata la primavera, nel senso che da subito ha dato un suo stile molto originale e “fresco” alla colorazione, che poi era fondamentale in quanto appunto i colori fanno parte anch’essi della narrativa.


Per aiutarli, hai dato loro opere di riferimento alle quali ispirarsi? Se si, quali?

Per la colorazione ad esempio, ho fatto riferimento a Star Wars. In Red Harlequin, il colore di appartenenza è tutto e quindi ne consegue che i personaggi debbano essere vestiti di quel colore. Allora ho fatto riferimento al fatto che in Guerre Stellari tutti i cattivi sono sempre monocromatici, tutti Rossi, tutti bianchi, tutti neri ecc. In Red Harlequin il concetto è più o meno simile anche se con nuance diverse.


Parliamo invece del lato tecnico del fumetto: Visivamente, quanto sarà fondamentale la componente cromatica? Giocherete molto con i colori a seconda del regno nel quale ci troviamo?

Nel primo volume del fumetto, ambientato nella città Nera di Axyum, abbiamo scelto di rendere tutto molto scuro e desaturato, per enfatizzare appunto il concetto cromatico (o monocromatico) dei Neri e per enfatizzare anche un senso quasi claustrofobico di una società chiusa in se stessa. Successivamente, a partire dal secondo volume, si schiuderanno agli occhi del protagonista nuovi orizzonti e anche per il lettore entrerà il colore in maniera preponderante e inizierà un vero e proprio viaggio tra i Territori, fatto di nuovi colori, nuove nazioni e nuove avventure.


E lo stile del disegno sarà sempre lo stesso o subirà una mutazione?

Personalmente prediligo mantenere un unico stile, anche per dare un senso di familiarità alla serie e al lettore.


The Red Harlequin come film o serie televisiva è concepibile? Ci stai lavorando?

E’ concepibilissimo! E infatti ci stiamo lavorando da ottobre scorso, cioè da quando io e la mia agente Lisa Hryniewicz siamo andati a proporlo al Mercato Internazionale dell’Audiovisivo (MIA) a Roma dove abbiamo avuto riscontri talmente entusiasmanti che hanno sorpreso anche noi.


Puoi farci qualche piccolo spoiler su cosa ci aspetterà nel futuro di questa serie?

Beh, non mancano certo i colpi di scena durante tutta la serie. Posso solo dire che ad un certo punto del suo viaggio Asheva incontrerà un arlecchino rosso...

Nessun commento:

Posta un commento