giovedì 8 febbraio 2018

"A bigger splash", il primo tuffo tra le stelle di Hollywood di Luca Guadagnino


Luca Guadagnino: è lui l’uomo del momento del cinema italiano. Complice il successo ottenuto ai Golden Globes, ed ora la trepidante attesa per le 4 candidature all'Oscar, ricevute per “Chiamami con il tuo nome”, sua ultima fatica.

Ma vorrei fare un passo indietro, concentrandomi sul titolo che l’ha visto affacciarsi sul panorama internazionale: “A bigger splash” è il suo quarto lungometraggio, uscito nelle sale nel 2015. Venne presentato a Venezia dove ottenne solo fischi, salvo poi godere di ampio consenso all'estero; vecchia storia, viene da dire...davvero difficile venir riconosciuto come profeta in una patria come l'Italia.
Ricalca il soggetto de “La piscina”, celebre pellicola del 1969 di Jacques Deray, immortale interpretazione di Alain Delon accompagnato da Romy Scheneider e Jane Birkin.
Guadagnino ne ripropone l’intreccio, con un cast all'altezza: Tilda Swinton (che già aveva lavorato con in regista nel 2009 in “Io sono l’amore”) è Marianne, rock star in convalescenza da un intervento alle corde vocali che sta trascorrendo le vacanze con il fragile fotografo Paul, Mathias Schoenaerts, i due passano le loro giornate assorti in un irreale silenzio, ospiti di una villa a Pantelleria, che ovviamente non manca di godere del lusso di una piscina. Il silenzioso idillio dei protagonisti viene sconvolto dall'improvviso arrivo dell’istrionico Harry, produttore ed ex fidanzato di Marianne, interpretato da Ralph Fiennes che porta con sé la troppo giovane Penelope, figlia che ha da poco scoperto di avere, che ha il volto di Dakota Johnson.

Da qui vi è un cambio radicale di ritmo nella storia: Harry innesca una serie di eventi con l’unico scopo di riavere la donna mai dimenticata, compagna di una vita fatta di eccessi e successi che Harry cerca affannosamente di far tornare alla mente di Marianne e che parallelamente fanno affiorare in Paul i vecchi demoni della depressione e dell’alcolismo. Intanto anche la lolita Penn trama nell'ombra per approfittare del tormento del fotografo, assecondando le sue tendenze autodistruttive.
Le patinate vite dei protagonisti vengono mescolate alla realtà di Pantelleria, fatta di lente ed immortali consuetudini come la processione del Santo, la festa in piazza, la ricotta fatta in casa.


Ma ciò che conta davvero accade lì, a bordo piscina, testimone di scatenati balli, dolorosi rimpianti e sottili competizioni, ma soprattutto di un desiderio cocente come il sole che illumina costantemente l’isola. Come già succedeva a Benjamin ne “Il Laureato” i pensieri dei protagonisti galleggiano sospesi sulla piatta acqua, smaniosi di vedersi realizzare a qualunque costo.
Proprio la piscina sarà teatro del dramma della gelosia destinato a compiersi sin dal primo fotogramma: Paul cede all'alcool dopo aver scorto i segni del probabile tradimento di Marianne, si scaglia su Harry che battaglia con il rivale, ma finisce poi sconfitto sul fondo della vasca.
L’uscita di scena di Harry, l'elemento di rottura, pone fine ai conflitti, ripristinando il menzognero equilibrio nelle vite di coloro che sono rimasti.
Cala il silenzio, protagonista ombra della pellicola. È il silenzio la via che scelgono i sopravvissuti a questa vacanza maledetta, è la chiave che ognuno decide di usare per andare avanti nelle proprie vite: per i due amanti Marianne e Paul assume il significa di ritorno a quel’ovattato stato di grazia iniziale distante e protetto dal resto del mondo, per Penn invece il rientro in America è una fuga lontano da tutte le bugie dette e da quel (forse?) padre semi-sconosciuto.

La colpa di Paul da subito evidente per Marianne e Penelope, non lo è altrettanto agli occhi dei Carabinieri, il cui maresciallo è interpretato da Corrado Guzzanti, che conducono una goffa indagine dai toni forse un po’ troppo macchiettistici per un film che per la restante parte della trama si era reso capace di dosare bene il glamour internazionale con il sapore verace dell’isola mediterranea.

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