lunedì 23 ottobre 2017

A cena con Ferzan Ozpetek - Allacciate le cinture (2014)

Sono stata molto indecisa sul quarto e ultimo film da trattare per questa rassegna, alla fine ho scelto Allacciate le cinture anche se, secondo me, non è il film più riuscito di Ozpetek. In Allacciate le cinture lo spettatore si perde nel tessuto temporale della storia e lo fa anche il regista. Probabilmente la sensazione di smarrimento è voluta anche in relazione al tema che tratta, l’amore, l’amore quello che nasce senza alcuna ragione effettiva, l’amore che c’è e non puoi fare nulla per spiegarlo. Ho scelto di parlarne appunto per questo, perché parla del sentimento amoroso nel modo più diretto e semplice possibile.


Elena (Kasia Smutniak) è forse la ragazza perfetta, bella, brava, sensibile, ha degli amici, Fabio (Filippo Scicchitano) e Silvia (Carolina Crescentini) che le vogliono bene, una madre (Carla Signoris) e una zia un po’ svalvolata (Elena Sofia Ricci), un lavoretto in un bar e un bel fidanzato, Giorgio (Francesco Scianna).
Quando Elena conosce Antonio (Francesco Arca), il fidanzato di Silvia, rude omofobo e razzista, qualcosa cambia in lei. I due si innamorano inspiegabilmente; c’è qualcosa tra di loro che nessuno capisce, forse neppure loro.
La storia riprende 13 anni dopo, Elena e Fabio hanno aperto un locale tutto loro, Il Benzinaio, e lei è sposata con Antonio. Tutto sembra andare bene – Antonio non è diventato un uomo migliore, anzi – quando Elena scopre di essere malata; la malattia della donna porterà a galla il sentimento che la lega a quel marito che pare non meritarla.
Il finale, molto enigmatico come sempre nei film di Ozpetek, ci riporta al passato.
Un film che vuole dirci molte cose, forse troppe, tanto da perdersene per strada. Ci sono momenti davvero toccanti, altri un po’ buttati lì. Personaggi che tornano e altri che restano dimenticati.
Come in molti film di Ozpetek, i personaggi femminili sono quelli più forti, oltre Elena troviamo molte donne. Oltre alla madre e alla zia, troviamo Egle (Paola Minaccioni), malata terminale che divide la stanza di ospedale con Elena, una creatura stralunata e un po’ sui generis, una donna che ha una voglia di vivere tale da essere commovente. Anche Maricla (Luisa Ranieri), l’amante di Antonio, è un bel personaggio; donna esuberante e diretta, alla gelosia per lo stesso uomo preferisce la solidarietà femminile verso Elena.
In questo film gli uomini non ci fanno una gran figura, Antonio è tutto ciò che una donna non vorrebbe al suo fianco, un gran brutto carattere che ci si chiede in continuazione come faccia Elena ad averlo come marito, Giorgio, il primo fidanzato, è un uomo senza personalità, bello, ricco e intelligente ma un po’ ingenuo. Si salva solo Fabio, l’amico gay, che pare essere l’unico al livello delle donne del film.
Se la struttura del racconto è labile, il punto di forza del film sono senza dubbio i monologhi. Sono dei momenti in cui la narrazione si interrompe per dare enfasi all’interiorità dei personaggi. È forse la voglia di esternare i sentimenti che ha portato il regista a creare una struttura della narrazione abbastanza incerta.

Ogni volta che vedo questo film sono combattuta, perché da un lato non capisco come mai Elena scelga Antonio, però d’altro canto penso che non scegliamo razionalmente chi amare, e più la nostra “coscienza” ci dice che è sbagliato più noi continuiamo ad amare. 

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