La Tartaruga Rossa,
lungometraggio animato che ha ricevuto il Premio Speciale Un Certain Regard al Festival di Cannes, è una fiaba delicata e
commovente che parla dell’uomo e della natura. Il protagonista è un naufrago
che trova miracolosamente salvezza in un’isola tropicale deserta. L’unica
compagnia è quella degli uccelli e dei granchi che si aggirano nella spiaggia.
Sfruttando tronchi e vegetazione, come ogni buon naufrago, costruisce una
zattera e tenta di allontanarsi da quel posto, ma raggiunta una certa distanza,
una forza misteriosa manda a pezzi la sua imbarcazione, costringendolo a
tornare a riva a nuoto. La cosa si ripete più volte finché, accanto ai rottami
dell’ultima zattera andata in frantumi, immerso nelle acque oceaniche, l’uomo
nota una grande tartaruga rossa. Un giorno questo animale maestoso si presenta sulla
spiaggia dell’isola rompendo la monotonia di quel luogo. L’uomo, solo e
disperato, riversa la sua frustrazione sull’animale, condannandolo a morte, a
quanto pare. Il senso di colpa pervade il naufrago, che tenta disperatamente di
rianimare la creatura senza ottenere alcun risultato. Perse le speranze, però,
dall’involucro della tartaruga esce una bellissima donna. Tra i due si instaura
subito un feeling e lei diventa la sua compagna di vita e madre del loro
figlio.
Non una parola viene pronunciata durante il film. Le
emozioni, i sentimenti e i legami sono magistralmente resi dalle immagini, dai
colori, dai movimenti e dai suoni dell’acqua, del vento, della terra e dei
pochi animali che fanno capolino. Non c’è mai un vero silenzio, bensì la
rigogliosa melodia della vita. La storia è cadenzata dai lenti ritmi della
natura, dalle piogge tropicali, dalle esplorazioni in acqua, dal bisogno di procacciarsi
il cibo, dal riposo. E anche di fronte a eventi devastanti come uno tsunami,
l’isola riemerge scalfita, ma ancora integra, così come i tre corpi del nucleo
familiare che, curate le ferite, sembrano tornare alla normalità, eccezion
fatta per il figlio. Il giovane ragazzo infatti, da sempre ha percepito un
profondo legame con le tartarughe. A seguito dello tsunami, dopo aver salvato
il padre finito al largo, cede al richiamo che ha dentro e rivolge un ultimo
addio ai genitori per andarsene a nuoto verso l’ignoto, accompagnato da alcune
tartarughe. Una metafora della totale immersione nella natura, dell’umano che
si fonde con il creato, che forse va in cerca delle proprie origini. Un’immersione
dunque in un’acqua materna, un liquido amniotico in cui egli si dirige, alla scoperta
del principio da cui è arrivata sua madre. Si tratta di un viaggio di ritorno,
possibile però solo per chi ha vissuto un’esistenza in totale armonia con il
mondo primigenio.
Una storia magica, in cui l’uomo accettando di rinunciare
alla sua vecchia esistenza, allontanandosi in via definitiva dalla società e
abbandonandosi a un’esistenza primitiva, è accolto e custodito da Madre Natura.
Attraverso le spoglie rugose di una tartaruga, animale antico che spunta dagli
abissi insondabili, luogo misterioso e inaccessibile all’essere umano, sorge
una sorta di dea madre che accompagna l’uomo fino alla fine della sua
esistenza, prendendosene cura fino al suo ultimo respiro, per poi fare ritorno
alle acque primigenie. Una storia che fa riflettere sul nostro rapporto con la
natura, sull’essenza della vita che si può saggiare solo quando si è lontani
dalla civiltà.
Titolo originale: La tortue
rouge ; Regia: Michaël Dudok de Wit;
Anno: 2016; Paese di produzione: Francia - Belgio; Produzione: Arte France Cinéma, Prima Linea Productions, Studio
Ghibli, Why Not Productions, Wild Bunch; Durata:
80 min.
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