Partiamo
dal presupposto che il metro di giudizio (parziale, poi vi dirò perchè)
utilizzato è quello di un bambino di quasi quattro anni: mio nipote.
Ultimamente io e il mio “ragazzo” ovvero mio nipote, ci guardiamo
qualche cartone assieme. Unisco l'utile al dilettevole: divano, coperta, serpenti – che sarebbero i miei piedi con i calzini – pop corn e
filmetto. Con Zootropolis, però, qualcosa è andato storto, una parte del
film lo ha terrorizzato a morte e quindi ho dovuto spegnere. Quindi io e
la Nini (la gatta), ce lo siamo dovute guardare a casa nostra, senza pop
corn questa volta, altrimenti li vuole pure lei e ad un gatto i pop
corn, non fanno proprio bene.
Zootropolis è il vincitore agli
Oscar 2017 nella categoria “miglior film d' animazione”; non poteva
essere diversamente, visto che ho colto in questo film una certa vena
politica. Il film è della Walt Disney Animation Studios, ed ho trovato
fantastico che un contrabbandiere all'angolo di una strada vendesse dvd
pirata di tutti i film Disney.
La protagonista del film, Judy, è
una coniglietta che sogna di trasferirsi a Zootropolis, la grande
metropoli dell'integrazione, dove predatori e prede, ormai civilizzati,
convivono pacificamente. Judy vuole diventare un poliziotto. Judy, però è
un coniglio per di più è una femmina, la strada potrà essere in salita o
in discesa? Bravi, ovviamente in salita. Judy è una po' come Laverne
Hooks (Marion Ramsey) del film Scuola di Polizia, ve la ricordate? La
cadetta piccola, timida, sembrava un timido coniglietto, in realtà
dentro di lei si nasconde un leone che all'occorrenza esce fuori. Judy è
così: timida, educata, piccina, inesperta per quanto riguarda la città.
È infatti nata in un piccolo paese di campagna, da una famiglia di
contadini e conosce poco della città. Caratteristico è il viaggio in
treno di Judy che, meravigliata scopre il mondo che la circonda, grande e
nuovo. La nostra eroina supera l'addestramento in accademia in maniera
eccellente però poi nel suo distretto si ritrova a lavorare con enormi
predatori. Judy inizia la sua carriera come ausiliare del traffico ed è
qui che conosce la volpe truffatrice Nick Wilde. I due si ritroveranno a
collaborare ad un caso di grandi mammiferi (predatori) scomparsi. Nella
figura della volpe si condensano tutti i pregiudizi razziali con i
quali tutti i giorni ci ritroviamo a dover convivere o combattere,
“l'altro”, “l'invasore”, “lo straniero”, quello per cui costruiamo muri e
sempre sentiamo un “tornatene a casa tua”.
Il film offre
interessanti spunti di riflessione: gli animali che popolano Zootropolis
hanno tutte le caratteristiche dell'essere umano, che certo, si sarà
civilizzato, si sforza di convivere, ma dentro di sé continua ancora a
covare sentimenti primordiali, che, nonostante la razionalità, non
riesce a controllare; anche il più docile animaletto alla fine è schiavo
dei peggiori sentimenti.
“Non importa a che specie apparteniamo, il cambiamento parte da noi”, Judy dopo mille peripezie
arriva
a questa conclusione, non esistono predatori e prede destinate ad
esserlo per sempre, se la voglia di migliorare e crescere è dentro di
lui.
P.s. Mentre concludo la mia analisi- recensione, mio
nipote ha rivisto il film, ora è più grande, ha 4 anni e canta Rovazzi
(no comment), il film gli è piaciuto un sacco, ahn ci tiene anche il
papà di Alex (mio fratello) a farci sapere che il film è bellissimo.
Quindi: bimbi e cari papà il 19 marzo regalatevi Zootropolis in divano.
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