martedì 14 febbraio 2017

Captain (Viggo) Fantastic




Non so dalle vostre parti, ma qui in Sicilia, Captain Fantastic, non ha avuto una grande diffusione.
Mi è capitato di vederlo per caso, nell’unico cinema di Catania che può essere definito “d’essai” (sì, film bulgari con sottotitoli in norvegese, una cosa del genere), che rispetta l’etica del cinema indipendente, con una programmazione che guarda all’internazionalità e aiuta a conoscere piccoli capolavori, spesso in lingua originale.
Comunque, Captain Fantastic (2016) è americano al massimo, ma non nel senso hollywoodiano che potremmo intendere.
Scritto e diretto da Matt Ross, qui al suo secondo lungometraggio, il film vede Viggo Mortensen nei panni di una padre che cresce i suoi sei figli in una foresta, in un percorso educativo che prevede un duro allenamento fisico (corsa, arrampicata, caccia con arco e frecce), affiancato da un altrettanto pesante studio serale basato sui classici della letteratura e su manuali scientifici e tecnici per matematica e fisica. Senza dimenticare l’ora della musica.
Insomma, il film è ambientato ai giorni nostri, ma questa famigliola americana vive in una capanna fatta di legno e paglia, lontano dalla città, dall’industrializzazione e, soprattutto, da altra gente.
Hippie, anticonformista, chiamatelo come volete, ma qui abbiamo un intenso Viggo Mortensen che, come recita il sottotitolo della locandina, prepara i figli a tutto, ma non alla vita reale, che incombe minacciosamente quando la salute della moglie, ricoverata in un ospedale, muore (non volevo rovinarvi nulla, siamo solo all’inizio del film!).
Ben (Viggo Mortensen), è costretto ad intraprendere un viaggio verso la civiltà, per far rispettare le volontà testamentarie della moglie.
E qui decido di non raccontarvi più nulla sulla trama, perché vorrei davvero che vedeste questo film.
Cosa troviamo in Captain Fantastic?
Sicuramente una critica alla società americana contemporanea, così immersa nella materialità da dimenticare il piacere del contatto con la natura, e così distratta da computer e altre tecnologie da mettere in ultimissimo piano scuola e cultura in generale. Divertente e spiazzante la scena del confronto tra uno dei figli di Ben (davvero giovane), e il cugino cresciuto in città, più grande di lui: vengono poste ad entrambi le stesse domande legate alla Dichiarazione dei Diritti americana, ma il bambino cresciuto nella foresta snocciola i concetti imparati perfettamente, dimostrando di averli anche compresi, mentre l’altro ragazzino intuisce appena l’argomento.
Viene sbattuta in faccia allo spettatore la contraddizione di una società che si diverte con videogiochi e film violenti, ma trasforma in tabù la questione “sesso” quando si parla ai bambini. Ben, con naturalezza, spiega al figlio minore come nascono i bambini, senza utilizzare nomi fantasiosi per alludere al pene o alla vagina (che poi il bimbo capisca tutto, quello è un altro discorso!).
Ma dove sono le pecche dell’educazione che Ben impartisce ai propri figli?
Il figlio maggiore non riesce minimamente ad approcciarsi alle donne e il primo tentativo sfocia in una sua richiesta appassionata di matrimonio alla ragazza che con lui, probabilmente, voleva solo divertirsi un po’. Questo perché non ha mai avuto a che fare con i suoi coetanei. Lo stesso figlio invia “clandestinamente” le richieste ai migliori college americani, ben sapendo quanto il padre sia contrario all’istruzione istituzionalizzata. La famiglia si trova a rubare in un supermercato, per “combattere il sistema” ecc… Si, ma rubano davvero, infrangono la legge, diventano ladri a tutti gli effetti.
Lo stile di vita imposto dal nostro “Captain Fantastic” ha quindi risvolti positivi e negativi. Ma cosa resta, infine? Indovinate? Ebbene sì, l’amore profondissimo che lega questa famiglia e la purezza (pur con qualche controindicazione pratica) che li renderà per sempre diversi dagli altri.


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