L’inverno avanza, da qualche anno ormai,
inverno è sinonimo di serie tv o serie web, visto che sto per parlarvi di un
telefilm prodotto pensate un po’ da chi??? Netflix ovviamente. Da quando non abito più con i
miei, seguo meno le serie di Fox- Sky e molto di più
tutto quello che è reperibile via internet. La serie Atypical ha debuttato nell’agosto 2017 e io l’ho
guardata quasi una settimana dopo l’uscita. Ho fatto tutti i compiti delle
vacanze, calcolando che ne ho guardate 3, non avevi nulla da fare? Si,
avevo da fare, ma il mio lavoro faceva il riposino pomeridiano, quindi avevo un
piccolo buco da coprire, ogni giorno.
Ho letto dell’esistenza di Atypical su un gruppo Facebook di fans
(vorrei usare fanatici, ma ho paura che possa suonare male) di 13 Reasons Why. La storia è atipica, proprio come il suo
protagonista e il nome della serie. Poco prima di avventurarmi in Atypical, ho seguito (a casa dei miei, continuo a
registrarmi delle serie) Speechlees. Avrei voluto inizialmente fare un articolo su entrambe, ma poi ho
deciso di non farlo.
Specchless è una serie molto divertente, è una
commedia che racconta le vicende della famiglia DiMeo, il nucleo familiare è composto da: Madre (Minnie
Driver), Padre (John Ross Bowie, già visto in Big Bang Theory), tre figli
(Mason Cook, Micah Fowler, Kyla Kenedy) e un sesto componente esterno, Kenneth
(Cedric Yarbrough), l’assistente/ voce di J.J. La serie ricorda molto Quasi Amici, l’assistente del
ragazzo è un attore Afroamericano, e come potrete intuire dal parallelismo J.J.
non è completamente autonomo, perché affetto da una paralisi celebrale
infantile, sedia a rotelle e tavoletta alfabetica per comunicare con gli
altri.
Ci sono molti punti di contatto tra le due
serie e una fra tutte solo le due sorelle. Dylan (Speechlees) e Casey (Brigette Lundy-Paine, Atypical) forti, atletiche, sportive, per certi aspetti
anche mascoline, trattano i fratelli, bè come fossero dei fratelli. Come
dovrebbero trattarli? Ci sono già le madri ad essere iperprotettive.
Il protagonista di Atypical è Sam (Keir Gilchrist) è un
adolescente affetto da autismo e vuole essere in tutti i modi un “tipico
adolescente” e innamorarsi. Chi conosce un minimo la sindrome (ne esistono
diversi aspetti e nessuno e uguale ad un altro, proprio come tutti noi, ogni
persona è unica e uguale solo a sé stessa) sa quanto possa essere difficile
esprimere e capire i sentimenti di chi ne è affetto. Ma Sam vuole avere
una fidanzata ed innamorarsi. Frequenta con una certa regolarità Julia (Amy
Okuda), una giovane terapeuta, che lo spinge all’auto comprensione e lo stimola
ad affrontare la vita.
L’altra presenza maschile della famiglia è il
papà di Sam (Michael Rapaport), un uomo in difficoltà a gestire la situazione.
Tra i due è molto faticoso comunicare e capirsi. Almeno
all’inizio. Come già accennavo nell’articolo su Fino all’osso, anche qui la questione viene affrontata con
onesta ironia (strano a dirsi, visto che Sam non capisce l’ironia) un altro
aspetto dell’adolescenza, spesso, per non dire sempre lasciato in disparte. Per
me è un po’complicato scrivere di questa serie, ho paura che il mio
pensiero possa essere mal interpretato. Quindi parto subito con il dire che ho
adorato Sam, tutte le otto puntate e quasi tutti i personaggi. Tranne
Elsa (Jennifer Jason Leigh), la madre di Sam. Lei mi ha messo proprio un
nervoso addosso, non sono riuscita proprio a provare empatia per lei. Non è una
cattiva mamma, anzi, proprio il contrario, si fa in quattro per i suoi figli.
La contesto come moglie.
La serie è un po’ Diario di una nerd super star e Faking It- Più che amiche, ironica, a volte
un po’ cinica e divertente. Mi è piaciuto molto la volontà di portare lo spettatore
dentro Sam, soprattutto quando nei momenti di confusione e
smarrimento del ragazzo in qualche modo visivamente viene rappresentato
come si sente, le luci diventano confuse, tutto si muove in maniera vorticosa e
i suoni diventano poco definiti e alterati. Per otto episodi riesci sentire
Sam, a viverlo, riesci ad entrare in sintonia con il suo mondo, con la sua
vita, con le difficoltà ampliate di un giovane ragazzo, che vuole in tutti i
modi vivere la sua età, indagare i sentimenti aiutato da uno strampalato
amico, Zahid
(Nik Dodani),
troppo simpatico, nella sua convinzione di essere un fico (e credetemi, non lo
è per niente, almeno per la sottoscritta). Ora aspetto con ansia la
seconda stagione, l’ultima puntata ha lasciato troppe questioni aperte e sono
molto curiosa di proseguirla.
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