Man in the Dark è un horror thriller di Fede Alvarez uscito
nelle sale italiane lo scorso settembre. Il titolo originale, Don't breathe, cioè “non respirare”, oltre a suggerire la
condizione dei protagonisti che devono stare attenti a non fare il minimo
rumore, nemmeno quello del loro respiro, anticipa lo situazione in cui cadrà lo
spettatore durante la visione del film: uno stato d'ansia che toglie il fiato!
A tal proposito mi permetto di aggiungere che non condivido la scelta di non
mantenere il titolo originale, senza ombra di dubbio più pertinente.
Rocky (Jane Levy) spinta da una situazione
domestica disagiata, decide con il suo ragazzo Money (Daniel Zovatto) e il
fidato amico Alex (Dylan Minette) di mettere insieme una serie di furti per
poter fuggire da Detroit. L'ultimo colpo è quello decisivo, quello che deve
finire col botto: rubare un'ingente somma di denaro, almeno trecentomila dollari,
che permetterà ai tre giovani di cambiare vita. E questo furto, che si
accingono a mettere in atto, sembra davvero un gioco da ragazzi: la
vittima infatti non è altri che un vecchio cieco (Stephen Lang), che ha
ricevuto una tale fortuna come rimborso da parte della famiglia della donna che
ha investito la sua unica figlia. Il non vedente però è un ex veterano di
guerra, e la mancanza della vista non lo mette in difficoltà di fronte ai
giovani ladri che, con loro sorpresa, si troveranno incastrati in una casa che
sembra blind-ata!
Una sensazione di oscuro terrore aleggia già nella
scena iniziale: una ripresa aerea che si avvicina alla figura di un uomo
intento a trascinare una ragazza per i capelli lungo una strada deserta in
penombra, nella desolata Detroit. Un personaggio, quello del vecchio, che si presenta dunque
tutt'altro che innocuo e indifeso.
Un monito della pericolosità del cieco, è dato ai
tre ragazzi quando si accingono ad attuare il colpo. Sono infatti costretti a
occuparsi di un aggressivo rottweiler che fa da guardia alla dimora chiusa con
mille chiavistelli, una sorta di cerbero che custodisce la soglia per l'entrata
all'inferno. Tanto è vero che quell'abitazione apparentemente comune, si
sviluppa sopra a un piano interrato, un rifugio anti tempesta. Sarà
proprio in quella profondità che i ladruncoli si troveranno a vivere i momenti
di maggior terrore, soprattutto quando il vecchio spegnerà il generatore della
luce lasciando gli intrusi vagare nel buio, nelle tenebre del terrore, costretti
a far affidamento a tutti i sensi fuorché la vista. L'olfatto è il secondo
senso più sfruttato dal cieco: come un segugio, alla pari del suo famelico
rottweiler, annusa l'aria pronto a scovare l'odore degli estranei, quasi
come una bestia.
Alvarez si avvale di una regia curata,
concedendosi qualche virtuosismo come il piano sequenza che esplora la casa del
vecchio, soffermandosi su dettagli e oggetti che poi verranno ritrovati durante
il film, o l'uso dell'effetto "vertigo" omaggiando Hitchcock. Interessante
ed efficace anche l'uso degli infrarossi nella sequenza in cui i protagonisti
arrancano al buio, ignari dei movimenti dell'ex veterano di guerra, scelta
registica che a mio avviso apre la strada a un effetto di maggior tensione.
La visione di Man in the Dark, variante efficace del genere home invasion, vi terrà incollati alla sedia per quasi un'ora e
mezza, in apnea per non interrompere i momenti di “assordante silenzio”! Mi
raccomando, Don't breathe!
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