In onore dei 40 anni dall'uscita, mi sembra giusto parlare di
un film che è un cult del genere musical: La febbre del sabato sera
di John Badham.
Ispirato ad un articolo apparso nel 1975 sul «New York
Magazine», il film racconta la storia di Tony Manero (John Travolta), un
ragazzo italo-americano che vive a Brooklyn. Tony lavora come commesso in un
negozio di ferramenta e aspetta tutta la settimana per andare, il sabato sera,
a ballare con la sua banda all'Odissea 2001, discoteca in cui è il re
incontrastato della pista da ballo. Nessuna ragazza sembra essere all'altezza
di fare coppia con lui alla gara di ballo del locale, nessuna tranne Stephanie
Mangano (Karen Lynn Gorney), del tutto diversa da quelle che frequenta di
solito. Tony e Stephanie si allenano assieme per vincere la gara e stringono un
legame che nessuno dei due si sarebbe mai aspettato...
Il fulcro della trama può sembrare anche banale, ma è il
contesto sociale, in cui sono ambientate le vicende, a dare spessore alla
pellicola. La vita dei giovani di periferia, che hanno alle spalle famiglie
molto all'antica, e che non hanno nulla a cui dedicarsi se non alla vita da gang,
è qualcosa su cui il film ci porta a riflettere.
Forse per la prima volta, nella cinematografia americana, la
comunità italo-americana non viene presentata nel contesto dell'ambiente
malavitoso (si pensi a Il Padrino di Francis Ford Coppola) ma come
comunità integrata nel tessuto sociale con tutte sue problematiche; in
particolare il film mostra i costumi dei giovani provenienti da famiglie non
proprio agiate. Tony Manero è l'emblema del ragazzo di periferia appartenente,
all'apparenza può sembrare superficiale ed ignorante ma nel corso del film
dimostra di essere molto di più.
Il personaggio interpretato da Travolta, al suo primo ruolo
da protagonista sul grande schermo, è iconico, per il modo di vestire, per il
modo di muoversi dentro e fuori la sala di ballo tanto che andrà ad influenzare
anche i suoi ruoli successivi (Danny Zucko di Grease ha molto in comune
con lui). Tony Manero diventa per i giovani dell'epoca un mito e John Travolta
si afferma come sex symbol del periodo; tutti vogliono vestirsi e
pettinarsi come lui, muoversi come lui, tutti vogliono essere Tony Manero. È
però non tanto il fascino di Travolta ma la sua capacità nel dare drammaticità
ad un personaggio, a prima vista superficiale ma in realtà molto drammatico, a
svicolare Tony dall'essere una sorta di macchietta, e a lanciare il suo
interprete come attore cinematografico.
La febbre
del sabato sera, non esisterebbe senza la sua colonna sonora; sebbene
questo film non sia un musical nel senso canonico del termine – gli attori non
cantano – la musica riveste comunque un ruolo molto importante all’interno
della pellicola. Il pubblico, grazie alla musica dei Bee Gees e altri brani
celebri degli anni ‘70, è immerso nell'atmosfera della disco per tutta la
durata del film. I brani della band australiana, come Sathurday Night Fever,
Stayin' Alive, How Deep is your Love o More Than a Woman,
sono segno di un'epoca e credo che, anche oggi, ad ascoltarle nessuno si riesca
ad esimere dall'imitare le mosse di Tony.
Se Io e Annie di Woody Allen, uscito nello stesso anno,
ci racconta con l'occhio ironico e surreale del suo regista la vita di
Manhattan, La febbre del sabato sera ci porta oltre il ponte e ci mostra
come si vive a Brooklyn, Badham non mette filtri e non crea stereotipi, ci
mostra la vita di un giovane italo-americano in tutti i suoi aspetti.
Credo che La febbre del sabato sera sia uno di quei
film che non passeranno mai di moda perché non è solo un musical, è un ritratto
di un'epoca.
P.S. Nel 1982 è uscito il film Staying Alive, per la
regia di Sylvester Stallone, seguito della Febbre del sabato Sera in cui
Tony si trasferisce a Manhattan per sfondare sui palcoscenici di Broadway.
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