sabato 2 dicembre 2017

La febbre del sabato sera, 40 anni di un film di culto

In onore dei 40 anni dall'uscita, mi sembra giusto parlare di un film che è un cult del genere musical: La febbre del sabato sera di John Badham.


Ispirato ad un articolo apparso nel 1975 sul «New York Magazine», il film racconta la storia di Tony Manero (John Travolta), un ragazzo italo-americano che vive a Brooklyn. Tony lavora come commesso in un negozio di ferramenta e aspetta tutta la settimana per andare, il sabato sera, a ballare con la sua banda all'Odissea 2001, discoteca in cui è il re incontrastato della pista da ballo. Nessuna ragazza sembra essere all'altezza di fare coppia con lui alla gara di ballo del locale, nessuna tranne Stephanie Mangano (Karen Lynn Gorney), del tutto diversa da quelle che frequenta di solito. Tony e Stephanie si allenano assieme per vincere la gara e stringono un legame che nessuno dei due si sarebbe mai aspettato...
Il fulcro della trama può sembrare anche banale, ma è il contesto sociale, in cui sono ambientate le vicende, a dare spessore alla pellicola. La vita dei giovani di periferia, che hanno alle spalle famiglie molto all'antica, e che non hanno nulla a cui dedicarsi se non alla vita da gang, è qualcosa su cui il film ci porta a riflettere.
Forse per la prima volta, nella cinematografia americana, la comunità italo-americana non viene presentata nel contesto dell'ambiente malavitoso (si pensi a Il Padrino di Francis Ford Coppola) ma come comunità integrata nel tessuto sociale con tutte sue problematiche; in particolare il film mostra i costumi dei giovani provenienti da famiglie non proprio agiate. Tony Manero è l'emblema del ragazzo di periferia appartenente, all'apparenza può sembrare superficiale ed ignorante ma nel corso del film dimostra di essere molto di più.
Il personaggio interpretato da Travolta, al suo primo ruolo da protagonista sul grande schermo, è iconico, per il modo di vestire, per il modo di muoversi dentro e fuori la sala di ballo tanto che andrà ad influenzare anche i suoi ruoli successivi (Danny Zucko di Grease ha molto in comune con lui). Tony Manero diventa per i giovani dell'epoca un mito e John Travolta si afferma come sex symbol del periodo; tutti vogliono vestirsi e pettinarsi come lui, muoversi come lui, tutti vogliono essere Tony Manero. È però non tanto il fascino di Travolta ma la sua capacità nel dare drammaticità ad un personaggio, a prima vista superficiale ma in realtà molto drammatico, a svicolare Tony dall'essere una sorta di macchietta, e a lanciare il suo interprete come attore cinematografico.
            La febbre del sabato sera, non esisterebbe senza la sua colonna sonora; sebbene questo film non sia un musical nel senso canonico del termine – gli attori non cantano – la musica riveste comunque un ruolo molto importante all’interno della pellicola. Il pubblico, grazie alla musica dei Bee Gees e altri brani celebri degli anni ‘70, è immerso nell'atmosfera della disco per tutta la durata del film. I brani della band australiana, come Sathurday Night Fever, Stayin' Alive, How Deep is your Love o More Than a Woman, sono segno di un'epoca e credo che, anche oggi, ad ascoltarle nessuno si riesca ad esimere dall'imitare le mosse di Tony.
Se Io e Annie di Woody Allen, uscito nello stesso anno, ci racconta con l'occhio ironico e surreale del suo regista la vita di Manhattan, La febbre del sabato sera ci porta oltre il ponte e ci mostra come si vive a Brooklyn, Badham non mette filtri e non crea stereotipi, ci mostra la vita di un giovane italo-americano in tutti i suoi aspetti.
Credo che La febbre del sabato sera sia uno di quei film che non passeranno mai di moda perché non è solo un musical, è un ritratto di un'epoca.



P.S. Nel 1982 è uscito il film Staying Alive, per la regia di Sylvester Stallone, seguito della Febbre del sabato Sera in cui Tony si trasferisce a Manhattan per sfondare sui palcoscenici di Broadway.

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