martedì 21 novembre 2017

Borg e Mcnroe: la solitudine del singolo.

Borg e Mcnroe è lontanissimo dai film patinati sul football o da altri film americani sullo sport, che a cadenza (quasi) annua escono al cinema, il tennis non è uno sport fatto di tanti componenti e in questo lungometraggio non viene elogiata la vittoria. Borg e Mcnroe film presentato alla Festa del cinema di Roma di quest’anno vede alla regia Janus Metz, protagonisti Sverrir Gudnason nel ruolo del tennista svedese Bjorn Borg e il “rivale” Shia LaBeouf nei panni dell’americano John McEnroe.
Il film ci viene presentato come un film biografico sulla rivalità di questi due sportivi degli anni ’80, sul loro incontro/ scontro al torneo di Wimbledon. Non sono per niente d’accordo, nel film la rivalità è solo tra sè stessi, i due non s’incontrano quasi mai durante il film, si sfiorano ogni tanto, ma il loro antagonismo è costruito dai media, giornali, giornalisti e tv cercano di creare qualcosa che di fatto non c’è, tant’è che i due nella vita diventarono grandi amici. Sono l’opposto? Nel film si gioca molto sulle differenze tra i due? Più o meno, anche se i due sembrano apparentemente diversi, in fondo sono molto simili. Lo svedese, si potrebbe dire che è quasi protagonista del film, il suo cognome nel titolo viene prima di Mcnroe il film stesso si apre su di lui, Borg appare al terrazzo e guarda giù, preoccupato e allo stesso tempo desideroso di lasciarsi andare nel vuoto (scena che si ripete alla fine del film). Il tennista viene rappresentato come freddo, privo di emozioni, un vero nord europeo, all’opposto abbiamo il furente americano, sempre sopra le righe, litigioso, perde la pazienza facilmente, sembra non avere rispetto per lo sport che pratica, per il pubblico, per l’avversario.
 Dei due viene analizzata l’infanzia, dei flashback si aprono come piccole finestre sul presente. Scopriamo che i due ragazzi non sono poi così tanto diversi. I due riescono ad eliminare tutti gli avversari e a scontrarsi, Borg lotta contro sé stesso e Mcnroe…anche. Mcnroe in quest’ultima partita cerca di avere un assoluto autocontrollo, rispetta l’avversario e non perde mai le staffe. Il vincitore verrà decretato solo al quinto set. Se non sapete chi vince, non ve lo dirò, ma la vittoria non ha importanza, non è assolutamente la celebrazione della vittoria, ma è la storia di due sportivi, soli, cupi, che mettono quasi tenerezza, non sono riuscita a tifare l’uno o l’altro, è un film che ti lascia l’amaro in bocca, che scava affondo nell’animo dello sport, anzi delle persone, nelle aspettative e nei sogni di gloria. Non c’è l’elogio o l’esaltazione di tutto questo, ma la fatica e la forza di dover essere sempre migliori, per sé stessi e per il bambino che ossessionato si è impegnato per essere il migliore, per prendersi una rivincita, ma non sull’altro.

C’è un altro aspetto che viene sottolineato nel film, la figura paterna il non voler deludere i nostri padri, che con molti sacrifici ci portano a fare quello che desideriamo e ci spronano, per Borg questa figura è il suo allenatore (quasi più paterno del padre di Mc.), per Mcnroe è il padre biologico. Averli sugli spalti per loro è importante, nonostante il primo in continuo conflitto nella vita privata cerchi di allontanarlo in tutti i modi.  Sono andata a vederlo aspettandomi un film come Rush, mi è piaciuto molto, ma se andate anche voi a vederlo con un’aspettativa simile alla mia: scordatevi il primo. 

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