Un giovane ragazzo viene abbandonato dal padre violento e
insensibile, con una madre instabile che decide di farla finita
quando la situazione precipita, l'unica via di fuga per reprimere la
propria rabbia la troverà nelle intense nevicate che lo
accompagneranno lungo una strada fatta di sangue.
Diretto da Tomas Alfredson,
basato sul romanzo best sellers di Jo Nesbø,
vediamo come produttore esecutivo Martin Scorsese,
il tutto accompagnato da un
ottimo cast dove spiccano come protagonisti Michael
Fassbender nei panni del
disilluso detective Harry Hole e Rebecca Ferguson
che interpreta Katrine Bratt, giovane poliziotta alle prime armi.
Le carte in tavola per realizzare
un film memorabile c'erano tutte, ma qualcosina deve essere andata
leggermente storta. Per non gettare solo fango (o neve in questo
caso) comincerei complimentandomi con la fotografia lasciata nelle
mani di Dion Beebe
(vincitore dell'Oscar alla
migliore fotografia nel 2006 per il film Memorie di una
geisha) che
ha generato
un'atmosfera eccezionale sotto tutti punti di vista. Essendo
stato interamente girato in Norvegia, gode di fantastiche
ambientazioni, immersive e coinvolgenti, facendoti provare continui
brividi di freddo solamente con la forza delle inquadrature. Per
molti versi mi ha ricordato un pò l'aria che si respira nel film
Uomini che odiano le donne
(2009, diretto da Niels Arden Oplev),
anche se purtroppo non regge
minimamente il confronto.
Per cominciare voglio esprimere il
mio disappunto sulla caratterizzazione dei personaggi, per nulla
sfaccettati e caratteristici. Il detective Harry Hole (Michael
Fassbender) ci viene presentato
come il classico personaggio da film noire con problemi di alcolismo,
cinico e disilluso, ma senza l'aggiunta di quel tassello caratteriale
fondamentale per renderlo distinguibile tra i tanti; Tra l'altro,
nonostante i suoi problemi
di alcolismo, viene visto
solamente in una brevissima scena con la bottiglia in mano.
I personaggi secondari sono anch'essi piatti e privi di
sfaccettature, compreso il killer, che una volta svelata la sua
identità, non lascia la benchè minima sorpresa sul nostro volto.
Durante lo svolgimento delle indagini da parte del detective Harry
Hole, non veniamo mai presi per mano e accompagnati in quel freddo
mondo fatto di congetture, ipotesi e condanne, ma restiamo distanti,
impossibilitati di entrare in piena empatia con i personaggi.
L'uomo di neve
è un prodotto andato sprecato, con un ottimo potenziale per nulla
sfruttato. Poteva entrarci nell'anima, restarci e mai andarsene,
invece quel che conserviamo è un ricordo che presto andrà a
sciogliersi, proprio
come
un piccolo pupazzo di neve.
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