martedì 5 settembre 2017

Le cronache del Lido

Quest'anno finalmente sono riuscita ad andare al Lido di Venezia, dopo anni di pausa, causa: sempre in bolletta.
C'è di più, ho portato anche mia madre, tutta questa esperienza meriterebbe almeno due articoli, uno sul viaggio e tutta l'esperienza di mia madre (e mia!!!!) e uno per il film. Ma cercherò di essere breve, per quanto riguarda la prima parte. Ho scelto di andare a vedere Nato a Casal di Principe di Bruno Oliviero per due motivi: il primo quel giorno ero (finalmente) libera, il secondo è perché c'è un'attrice del film che conosco e volevo andarla a salutare.
Mia madre, che non è mai andata al Festival, ha uno slancio (come sempre) e mi dice: “Voglio venire pure io!”, ovviamente le dico di venire, visto che si lamenta sempre che non la porto mai da nessuna parte (la cosa non è vera) e tanto altro ancora. Acquisto il terzo biglietto, questo martedì, dal momento dell'acquisto al giorno della proiezione avrà cambiato idea circa 700 volte, tanto che ad un certo punto a Chioggia, prima di prendere il traghetto, con il brutto tempo che avanzava minaccioso verso di noi le ho detto “Senti resta qui e ti faccio venire a prendere!”.
Dalla nostra partenza all'arrivo al Lido il diluvio, sembrava un uragano, un signore in traghetto ha spaventato mia mamma dicendo “Potrebbe formarsi una tromba d'aria!”, io l'ho guardato allucinata “NOOOOOOOOON dire ste cose!”, lei sempre più terrorizzata. Ripeto, il tutto meriterebbe un articolo a parte dal titolo “Al Lido con mamma”.
Arrivare alla Mostra è sempre una grande emozione (nonostante a me Venezia non piaccia). C'era poca gente in giro, il brutto tempo non ha aiutato. La Sala Giardino (inaugurata l'anno scorso) era piena. In sala c'erano autori, attori, regista e i fratelli di Paolo Letizia (Amedeo e Ginevra). Personalmente, la storia non la conoscevo, ho letto qualche informazione sul film prima di comprare i biglietti e poco altro; non volevo essere troppo influenzata dal giudizio altrui.
Il film è tratto dal libro scritto da Amedeo Letizia e dalla giornalista Paola Zanuttini.
In breve: Amedeo è a Roma e vuole diventare attore, siamo nel 1989, torna a Casal di Principe perché il fratello minore, Paolo, è sparito ormai da qualche giorno. Amedeo, il fratello e il cugino cercheranno di mettersi sulle sue tracce. Il film affronta i giorni successivi alla scomparsa di Paolo, la famiglia cercherà di affrontare il tutto come può. Già è difficile dover affrontare un lutto, ma una scomparsa improvvisa, priva di risposte, deve essere ancora peggio.
All'inizio del film Amedeo e il cugino, vanno in un casale abbandonato a fare rifornimento di armi, tornato a casa troviamo la madre e altre donne impegnate a pregare.
Le donne del film, in particolare la mamma di Amedeo e Paolo, troveranno conforto e sostegno nella religione. Tutti i personaggi, pur dovendo affrontare la stessa drammatica scomparsa, sono solitari nella loro ricerca, faticano a trovare un linguaggio comune, credo sia proprio l'incapacità di trovare risposte che li porta a non saper comunicare tra di loro.
È difficile per me poter comprendere la camorra e quello che questa rappresenti per i cittadini che devono affrontarla, da buona “venetona” quale sono, la vivo in maniera lontana, quasi sicuramente sbagliando, credo che la battaglia contro la camorra, la mafia e la ‘ndrangheta sia qualcosa che riguarda tutti noi, non solo chi deve affrontarla dolorosamente tutti i giorni. Questo è uno dei motivi principali per cui ho trovato il film molto interessante e sono molto felice di averlo visto.
Le paludi, i casali abbandonati, mi hanno molto ricordato le zone in cui vivo, il basso polesine, un ambiente naturale, difficile da vivere, una continua scoperta. Ed è questo che fa l'occhio del regista, lo indaga, lo affronta. Solo un regista che arrivava dal documentario poteva indagare così a fondo l'ambiente. Trovo che il regista che arriva dall'esperienza documentaristica abbia molto più rispetto della natura e dei suoi abitanti, me lo immagino sempre come un chirurgo preciso, che incide la superficie per farci entrare dentro alle cose in maniera “scientifica”.
Non c'è solo questo nel film, non c'è solo la biologia di un ecosistema, ci sono anche i sentimenti delle persone, la loro fragilità nel dover affrontare una cosa molto più grande di loro, il dolore viene indagato, ma in maniera rispettosa, con assoluta dignità, composta, senza cadere in facili moralismi. Nel film i dialoghi non sono moltissimi (forse il motivo è anche quello che ho detto sopra), un altro motivo potrebbe essere quello di aver lasciato molto più spazio alla fisicità degli attori, bravissimi nella loro interpretazione.
Un occhio di riguardo l'ho avuto per le due donne del film; la madre di Amedeo si fa accompagnare
dal figlio da una veggente, non credo che Amedeo comprendesse fino in fondo questa scelta della madre, ma decide di accompagnarla. Rivedere Lucia Sardo e Donatella Finocchiaro insieme, mi ha molto emozionato.
Il film termina con poche risposte, apparentemente.
Amedeo e il padre, quando la loro personale ricerca termina in Spagna riescono ad avvicinarsi. I due uomini per tutto il film hanno fatto molta fatica a stare insieme, Amedeo voleva agire, rimanere in casa lo faceva sembrare un animale in gabbia è un ragazzo, quindi l'ambiente chiuso e l'attesa lo fanno soffrire. Il padre è un uomo, vuole che la vicenda faccia il suo corso, rinchiuso tra le mura domestiche attende che polizia ed altri uomini possano riportare il figlio a casa. Solo in Spagna con il figlio, capisce che Paolo non tornerà più, credo che il padre in realtà, più di tutti l'avesse sempre saputo. Amedeo, in una delle scene che porta verso la conclusione, si trova davanti ad una scelta, faccia a faccia, probabilmente con l'assassino del fratello, insieme ai due compagni d'avventura, incappucciati, con le armi, osservano l'uomo pescare. Amedeo si toglie la maschera e decide, la vendetta non riporterà il fratello indietro, non è con altro sangue che la situazione cambierà così getta le armi. L'unica cosa da fare è vivere, ricominciare a vivere e smetterla di lottare.
Nel finale la famiglia si ricompone a tavola, cenano tutti insieme, seduti allo stesso tavolo, per la prima volta in tutto il film, si fermano e non vagano per tutta la casa inseguendosi. La macchina da presa si allontana da loro, esce dalla casa e sale in alto, in cielo. Paolo è libero di volare.

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