Quest'anno finalmente sono riuscita ad andare al Lido di Venezia,
dopo anni di pausa, causa: sempre in bolletta.
C'è di più, ho portato
anche mia madre, tutta questa esperienza meriterebbe almeno due
articoli, uno sul viaggio e tutta l'esperienza di mia madre (e
mia!!!!) e uno per il film. Ma cercherò di essere breve, per quanto
riguarda la prima parte. Ho scelto di andare a vedere Nato a Casal di
Principe di Bruno Oliviero per due motivi: il primo quel giorno ero
(finalmente) libera, il secondo è perché c'è un'attrice del film
che conosco e volevo andarla a salutare.
Mia madre, che non è mai
andata al Festival, ha uno slancio (come sempre) e mi dice: “Voglio
venire pure io!”, ovviamente le dico di venire, visto che si
lamenta sempre che non la porto mai da nessuna parte (la cosa non è
vera) e tanto altro ancora. Acquisto il terzo biglietto, questo
martedì, dal momento dell'acquisto al giorno della proiezione avrà
cambiato idea circa 700 volte, tanto che ad un certo punto a
Chioggia, prima di prendere il traghetto, con il brutto tempo che
avanzava minaccioso verso di noi le ho detto “Senti resta qui e ti
faccio venire a prendere!”.
Dalla nostra partenza
all'arrivo al Lido il diluvio, sembrava un uragano, un signore in
traghetto ha spaventato mia mamma dicendo “Potrebbe formarsi una
tromba d'aria!”, io l'ho guardato allucinata “NOOOOOOOOON dire
ste cose!”, lei sempre più terrorizzata. Ripeto, il tutto
meriterebbe un articolo a parte dal titolo “Al Lido con mamma”.
Arrivare alla Mostra è
sempre una grande emozione (nonostante a me Venezia non piaccia).
C'era poca gente in giro, il brutto tempo non ha aiutato. La Sala
Giardino (inaugurata l'anno scorso) era piena. In sala c'erano
autori, attori, regista e i fratelli di Paolo Letizia (Amedeo e
Ginevra). Personalmente, la storia non la conoscevo, ho letto qualche
informazione sul film prima di comprare i biglietti e poco altro; non
volevo essere troppo influenzata dal giudizio altrui.
Il film è tratto dal
libro scritto da Amedeo Letizia e dalla giornalista Paola Zanuttini.
In breve: Amedeo è a
Roma e vuole diventare attore, siamo nel 1989, torna a Casal di
Principe perché il fratello minore, Paolo, è sparito ormai da
qualche giorno. Amedeo, il fratello e il cugino cercheranno di
mettersi sulle sue tracce. Il film affronta i giorni successivi alla
scomparsa di Paolo, la famiglia cercherà di affrontare il tutto come
può. Già è difficile dover affrontare un lutto, ma una scomparsa
improvvisa, priva di risposte, deve essere ancora peggio.
All'inizio del film
Amedeo e il cugino, vanno in un casale abbandonato a fare
rifornimento di armi, tornato a casa troviamo la madre e altre donne
impegnate a pregare.
Le donne del film, in
particolare la mamma di Amedeo e Paolo, troveranno conforto e
sostegno nella religione. Tutti i personaggi, pur dovendo affrontare
la stessa drammatica scomparsa, sono solitari nella loro ricerca,
faticano a trovare un linguaggio comune, credo sia proprio
l'incapacità di trovare risposte che li porta a non saper comunicare
tra di loro.
È difficile per me poter
comprendere la camorra e quello che questa rappresenti per i
cittadini che devono affrontarla, da buona “venetona” quale sono,
la vivo in maniera lontana, quasi sicuramente sbagliando, credo che
la battaglia contro la camorra, la mafia e la ‘ndrangheta sia
qualcosa che riguarda tutti noi, non solo chi deve affrontarla
dolorosamente tutti i giorni. Questo è uno dei motivi principali per
cui ho trovato il film molto interessante e sono molto felice di
averlo visto.
Le paludi, i casali
abbandonati, mi hanno molto ricordato le zone in cui vivo, il basso
polesine, un ambiente naturale, difficile da vivere, una continua
scoperta. Ed è questo che fa l'occhio del regista, lo indaga, lo
affronta. Solo un regista che arrivava dal documentario poteva
indagare così a fondo l'ambiente. Trovo che il regista che arriva
dall'esperienza documentaristica abbia molto più rispetto della
natura e dei suoi abitanti, me lo immagino sempre come un chirurgo
preciso, che incide la superficie per farci entrare dentro alle cose
in maniera “scientifica”.
Non c'è solo questo nel
film, non c'è solo la biologia di un ecosistema, ci sono anche i
sentimenti delle persone, la loro fragilità nel dover affrontare una
cosa molto più grande di loro, il dolore viene indagato, ma in
maniera rispettosa, con assoluta dignità, composta, senza cadere in
facili moralismi. Nel film i dialoghi non sono moltissimi (forse il
motivo è anche quello che ho detto sopra), un altro motivo potrebbe
essere quello di aver lasciato molto più spazio alla fisicità degli
attori, bravissimi nella loro interpretazione.
Un occhio di riguardo l'ho avuto per le due donne del film; la madre di Amedeo si fa accompagnare
dal figlio da una veggente, non credo che Amedeo comprendesse fino in fondo questa scelta della madre, ma decide di accompagnarla. Rivedere Lucia Sardo e Donatella Finocchiaro insieme, mi ha molto emozionato.
Il film termina con poche risposte, apparentemente.
Amedeo e il padre, quando la loro personale ricerca termina in Spagna riescono ad avvicinarsi. I due uomini per tutto il film hanno fatto molta fatica a stare insieme, Amedeo voleva agire, rimanere in casa lo faceva sembrare un animale in gabbia è un ragazzo, quindi l'ambiente chiuso e l'attesa lo fanno soffrire. Il padre è un uomo, vuole che la vicenda faccia il suo corso, rinchiuso tra le mura domestiche attende che polizia ed altri uomini possano riportare il figlio a casa. Solo in Spagna con il figlio, capisce che Paolo non tornerà più, credo che il padre in realtà, più di tutti l'avesse sempre saputo. Amedeo, in una delle scene che porta verso la conclusione, si trova davanti ad una scelta, faccia a faccia, probabilmente con l'assassino del fratello, insieme ai due compagni d'avventura, incappucciati, con le armi, osservano l'uomo pescare. Amedeo si toglie la maschera e decide, la vendetta non riporterà il fratello indietro, non è con altro sangue che la situazione cambierà così getta le armi. L'unica cosa da fare è vivere, ricominciare a vivere e smetterla di lottare.
Nel finale la famiglia si ricompone a tavola, cenano tutti insieme, seduti allo stesso tavolo, per la prima volta in tutto il film, si fermano e non vagano per tutta la casa inseguendosi. La macchina da presa si allontana da loro, esce dalla casa e sale in alto, in cielo. Paolo è libero di volare.
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