Il Diritto di contare (Hidden Figures) è un film di Theodore Melfi, tratto dal libro Hidden Figures: The Story of the African-American Women Who Helped Win the Space Race di Margot Lee Shetterly.
Già dal titolo
italiano possiamo fare due considerazioni: la parola “contare”
può essere interpretata in due modi: contare nel senso di poter
trovare un posto nel mondo ed affermarsi, oppure il contare nel senso
matematico. Le protagoniste, infatti, sono tre matematiche
afroamericane che lavorarono per la Nasa negli anni 50-60. Perciò,
chi conosce un minimo la storia americana di quegli anni, può
facilmente comprendere il gioco di parole. Il titolo originale,
tradotto è “Figure nascoste”, forse meno positivo della
versione italiana, ma più coerente con quello che succede, le donne
lavoravano in un reparto isolato e appunto “nascosto” rispetto
agli altri.
Le vicende raccontate, sono parzialmente vere, le matematiche sono
realmente esistite, mentre i ruoli “bianchi” del film, sono stati
creati solo ai fini della sceneggiatura.
Il
primo gruppo di calcolatrici misero piede al Langley (il più antico
centro di ricerca della Nasa) nel 1935, principalmente per due
motivi: in primis perchè fino al primo decennio del secolo
scorso vi erano molte più matematiche che matematici. Il secondo
motivo, le donne assunte rientravano nella categoria di
“Paraprofessioniste” e, quindi ricevevano una paga inferiore
rispetto ai Professionisti, questo diede un impulso agli utili del
laboratorio e una forte spinta ad assumere altre donne.
Nell'estate
del 1941 Philip Randolph il capo maggiore del sindacato dei neri
chiese che Roosvelt aprisse posizioni equamente retribuite nei
cosiddetti “Lavori di guerra” agli spiranti di colore.
Nel
1943, in pieno secondo conflitto mondiale, le donne erano occupate a
lavorare al posto degli uomini, questi ultimi infatti erano impegnati
nel servizio militare. Fu così che iniziarono ad arrivare le prime
candidature delle donne Afroamericane, anche se era stato abolito
l'obbligo di allegare le foto al cv, proprio per evitare la
discriminazione nell'assunzione, comunque si capiva chi era “Bianco”
e chi era “nero” dall'università di provenienza. Resta il fatto,
che le donne di “Colore” erano molto più preparate delle
bianche, oltre al titolo di studio, avevano alle spalle anni
d'insegnamento.
Il film si basa sulla storia di tre matematiche afroamericane:
Katherine Johnson (Taraji P. Henson), Dorothy Vaughan (Octavia
Spencer) e Mary Jackson (Janelle Monáe), le tre donne che, durante
gli anni '60, hanno permesso al John Glenn di orbitare intorno alla
terra.
Il
film si snoda su due tipi di discriminazioni: sul lavoro Dorothy,
Katherine e Mary devono sopportare la segregazione razziale; per di
più nella vita di tutti i giorni, tra i “neri”, devono
sopportare commenti sessisti “non è un lavoro per delle donne”.
Il
film sottolinea molto le difficoltà che le tre donne e che tutte le
persone Afroamericane avevano in quegli anni, sebbene la schiavitù
fosse stata abolita da anni, di fatto le tensioni e quel senso di
superiorità dei bianchi nei confronti dei neri era rimasto. Tutti i
gesti più semplici venivano limitati o separati, le due “razze”
dovevano vivere esistenze parallele e appunto non intrecciarsi mai:
bagni per neri, istruzione per neri, tavolo per neri, e altro ancora.
Ma è solo attraverso l'integrazione che gli Stati Uniti sono
riusciti ad andare nello spazio e ad affermarsi come super potenza
mondiale.
Il film è molto intenso e mira al cuore, c'è molto dell'America di
Obama (a mio avviso), appunto quella concezione di andare oltre le
differenze di “Razza” (che per inciso, le razze non esistono!!!)
e di genere. Il messaggio è molto americano: andiamo sulla luna,
conquistiamo altro spazio, solo uniti si può. Nel film ritroviamo
anche alcuni “bianchetti” a me molto simpatici: Kevin Costner,
che già in altri film si è fatto paladino del “abbattiamo le
differenze fra uomini”, citiamo Balla coi Lupi dove ne firma
anche la regia. In questo film è scorbutico, ma è proprio il suo
personaggio che fisicamente abbatte un cartello che distingueva i
bagni dei neri da quelli dei bianchi (pura finzione narrativa).
Kristen Dunst ha il ruolo più antipatico del film, però fare la
donna con la puzza sotto il naso le riesce benissimo. Ritroviamo
anche lo scienziato più famoso della tv: Jim Parsons, lo Sheldon
Cooper di The Big Bang Theory, anche qui ha a che fare con i
numeri, ma è decisamente meno brillante del fisico della serie, nel
film si ritrova a fare i conti con il non avere sempre ragione e con
l'essere corretto da altri. Se lo sapesse Sheldon gli verrebbe un
colpo.
Il Diritto di contare (Hidden Figures) è un film di Theodore
Melfi, tratto dal libro Hidden Figures: The Story of the
African-American Women Who Helped Win the Space Race di Margot
Lee Shetterly.
Già dal titolo
italiano possiamo fare due considerazioni: la parola “contare”
può essere interpretata in due modi: contare nel senso di poter
trovare un posto nel mondo ed affermarsi, oppure il contare nel senso
matematico. Le protagoniste, infatti, sono tre matematiche
afroamericane che lavorarono per la Nasa negli anni 50-60. Perciò,
chi conosce un minimo la storia americana di quegli anni, può
facilmente comprendere il gioco di parole. Il titolo originale,
tradotto è “Figure nascoste”, forse meno positivo della
versione italiana, ma più coerente con quello che succede, le donne
lavoravano in un reparto isolato e appunto “nascosto” rispetto
agli altri.
Le vicende raccontate, sono parzialmente vere, le matematiche sono
realmente esistite, mentre i ruoli “bianchi” del film, sono stati
creati solo ai fini della sceneggiatura.
Il
primo gruppo di calcolatrici misero piede al Langley (il più antico
centro di ricerca della Nasa) nel 1935, principalmente per due
motivi: in primis perchè fino al primo decennio del secolo
scorso vi erano molte più matematiche che matematici. Il secondo
motivo, le donne assunte rientravano nella categoria di
“Paraprofessioniste” e, quindi ricevevano una paga inferiore
rispetto ai Professionisti, questo diede un impulso agli utili del
laboratorio e una forte spinta ad assumere altre donne.
Nell'estate
del 1941 Philip Randolph il capo maggiore del sindacato dei neri
chiese che Roosvelt aprisse posizioni equamente retribuite nei
cosiddetti “Lavori di guerra” agli spiranti di colore.
Nel
1943, in pieno secondo conflitto mondiale, le donne erano occupate a
lavorare al posto degli uomini, questi ultimi infatti erano impegnati
nel servizio militare. Fu così che iniziarono ad arrivare le prime
candidature delle donne Afroamericane, anche se era stato abolito
l'obbligo di allegare le foto al cv, proprio per evitare la
discriminazione nell'assunzione, comunque si capiva chi era “Bianco”
e chi era “nero” dall'università di provenienza. Resta il fatto,
che le donne di “Colore” erano molto più preparate delle
bianche, oltre al titolo di studio, avevano alle spalle anni
d'insegnamento.
Il film si basa sulla storia di tre matematiche afroamericane:
Katherine Johnson (Taraji P. Henson), Dorothy Vaughan (Octavia
Spencer) e Mary Jackson (Janelle Monáe), le tre donne che, durante
gli anni '60, hanno permesso al John Glenn di orbitare intorno alla
terra.
Il
film si snoda su due tipi di discriminazioni: sul lavoro Dorothy,
Katherine e Mary devono sopportare la segregazione razziale; per di
più nella vita di tutti i giorni, tra i “neri”, devono
sopportare commenti sessisti “non è un lavoro per delle donne”.
Il
film sottolinea molto le difficoltà che le tre donne e che tutte le
persone Afroamericane avevano in quegli anni, sebbene la schiavitù
fosse stata abolita da anni, di fatto le tensioni e quel senso di
superiorità dei bianchi nei confronti dei neri era rimasto. Tutti i
gesti più semplici venivano limitati o separati, le due “razze”
dovevano vivere esistenze parallele e appunto non intrecciarsi mai:
bagni per neri, istruzione per neri, tavolo per neri, e altro ancora.
Ma è solo attraverso l'integrazione che gli Stati Uniti sono
riusciti ad andare nello spazio e ad affermarsi come super potenza
mondiale.
Il film è molto intenso e mira al cuore, c'è molto dell'America di
Obama (a mio avviso), appunto quella concezione di andare oltre le
differenze di “Razza” (che per inciso, le razze non esistono!!!)
e di genere. Il messaggio è molto americano: andiamo sulla luna,
conquistiamo altro spazio, solo uniti si può. Nel film ritroviamo
anche alcuni “bianchetti” a me molto simpatici: Kevin Costner,
che già in altri film si è fatto paladino del “abbattiamo le
differenze fra uomini”, citiamo Balla coi Lupi dove ne firma
anche la regia. In questo film è scorbutico, ma è proprio il suo
personaggio che fisicamente abbatte un cartello che distingueva i
bagni dei neri da quelli dei bianchi (pura finzione narrativa).
Kristen Dunst ha il ruolo più antipatico del film, però fare la
donna con la puzza sotto il naso le riesce benissimo. Ritroviamo
anche lo scienziato più famoso della tv: Jim Parsons, lo Sheldon
Cooper di The Big Bang Theory, anche qui ha a che fare con i
numeri, ma è decisamente meno brillante del fisico della serie, nel
film si ritrova a fare i conti con il non avere sempre ragione e con
l'essere corretto da altri. Se lo sapesse Sheldon gli verrebbe un
colpo.
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