lunedì 5 febbraio 2018

Tutto ciò che meritiamo di sapere, The Post

Se pensate che The Post sia l'ennesimo film storico di Steven Spielberg non è proprio così, The Post  racconta una storia molto più attuale di quanto si pensi.




Durante la guerra in Vietnam (1955-1975) alcuni giornalisti vennero inviati al fronte dal governo degli Stati Uniti. Le loro relazioni vennero prese e archiviate come top secret. Nel 1971, dopo sedici anni di conflitto non ancora terminato, la stampa americana venne in possesso di questi cosiddetti Pentagon Papers e li diffuse.
Il New York Times fu il primo a rendere pubblici stralci di questi documenti ma il presidente Nixon li bloccò con un'ingiunzione. Fu allora il Washington Post, un giornale al tempo molto meno noto, a proseguire questa campagna di informazione pubblica.
The Post parla appunto di come The Washington Post abbia trovato a diffuso queste informazioni, anche rischiando il fallimento.
Nell'epoca delle fake news, di Trump e i suoi Tweet e dei social network, Spielberg ci ricorda di come siamo arrivati fin qui.

The Post non è un film d'inchiesta come Tutti gli uomini del presidente (A. J. Pakula, 1976) e non ci mostra il potere che la stampa ha sull'opinione pubblica come Quarto Potere (O. Welles, 1941) ma è un film su cosa la stampa deve fare per i propri lettori. Il regista, infatti, tratta fatti del passato per avvertire, non solo gli americani, che la società ha il diritto di sapere e che la stampa deve diffondere con cognizione di causa le notizie. 

Il film è lo spaccato del giornalismo di una volta, quando le fonti non erano ovunque, quando le vecchie carte erano oro e macchine da scrivere e fotocopiatrici erano gli antenati di smartphone e tablet, e i giornalisti dovevano toccare con mano le fonti prima di scrivere.
La redazione del Washington Post si trova davanti al più grande dei quesiti: è lecito andare contro le direttive del presidente ma informare gli americani? Cosa succederà dopo?

La vicenda di The Post si sviluppa su due pilastri, il redattore Ben Bradlee (Tom Hanks) e Katherine Graham (Meryl Streep) la proprietaria del giornale. Graham è stata la prima donna a essere il capo di una testata e Bradlee sembra essere l'unico uomo che conta davvero su Katherine, l'unico suo dipendente che la rispetta come capo. Entrambi hanno qualcosa da perdere nell'andare contro il governo (entrambi erano stati amici dei Kennedy e dei Johnson), ma vanno avanti. Hanks e Streep ci danno le ennesime grandi interpretazioni di questi due personaggi realmente esistiti.  I due attori li rendono umani, non sono due archetipi, quello del giornalista d'inchiesta e della lady di ferro, pieni di emozioni e debolezze.

La regia di Spielberg è quella americana classica, con un chiaro rimando al già citato Quarto Potere - la macchina da presa bassa ad inquadrare i soffitti bassi della redazione del giornale ne sono un bell'esempio. Il regista ci regala, si spera, un bel cliffanger sullo scandalo Watergate, che sia tra i suoi progetti futuri?




Femminismo e libertà di stampa, di questo parla The Post, nulla di più attuale.







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