martedì 30 maggio 2017

La prima linea, cosa resta degli anni di piombo


Premessa: mi sono ritrovata a guardare La prima linea in TV per puro caso; ho scoperto che tra gli interpreti c'è Lino Guanciale, volevo fotografare lo schermo, non appena fosse apparso, e mandare la foto alle mie amiche (a fine recensione ci sarà la foto, promesso). Come spesso mi succede, parto da un presupposto molto scemo (chissà se alle mie amiche Lino piace anche capellone?) per poi scoprire che ciò che ho davanti è tutto fuorché una buffonata; questo piccolo film, infatti, mi ha molto colpita e mi ha dato diversi spunti di riflessione, tanto che ho deciso di scrivere.

La prima linea è un film di Renato De Maria del 2009. Narra della nascita e distruzione del gruppo terroristico di estrema sinistra Prima Linea; il gruppo armato prende nome appunto dalla prima linea, quello del servizio d'ordine, di Lotta Continua.
Le vicende ci vengono narrate in prima persona dal fondatore del gruppo, Sergio Segio (Riccardo Scamarcio), che è anche l'autore del libro, Miccia corta. Una storia di Prima Linea, da cui il film è tratto.
Il film si apre e si conclude con un interrogatorio a Segio, avvenuto nei giorni appena successivi alla caduta del muro di Berlino, nel quale, partendo dall'evento simbolo della fine dell'ideologia comunista, l'uomo tira le somme della sua militanza politica. Le vicende narrate sono così incastonate nella memoria difensiva del terrorista.
Segio, attraverso lo sguardo in macchina, si rivolge direttamente allo spettatore, lo chiama in causa a giudicare il suo punto di vista. La soggettività del protagonista è quindi molto forte. Il film ruota, attorno alla vita di Sergio e della sua compagna l'ex brigatista Barbara Ronconi (Giovanna Mezzogiorno); l'interpretazione che dà Scamarcio del terrorista è una delle chiavi di lettura che ho scelto di usare per parlare di questo film.
Riccardo Scamarcio verrà ricordato come Step Mancini di Tre metri sopra il cielo (L. Lucini, 2004) per tutta la sua carriera e lo sarà per un ruolo la cui interpretazione è discutibile in un film per adolescenti. Lo trovo, invece, molto adatto a ruoli, come quello del killer, in cui la recitazione deve essere assolutamente sottotono e lascia parlare il suo sguardo di ghiaccio. Come Il Nero di Romanzo criminale (M. Placido, 2005) o Pericle di Pericle il nero (S. Mordini, 2016), Segio è un uomo taciturno, che analizza l'ambiente che lo circonda per mimetizzarvisi e poter fare il proprio lavoro. La sua voce è piatta, monocorde, sia come voce narrante che nei rari dialoghi; vi è un unico picco nel momento in cui comunica alla propria compagna, Barbara, di voler abbandonare la lotta armata.
Un elemento distintivo del film è la piattezza; la fotografia è caratterizzata dalla predominanza dei colori freddi, sia per enfatizzare i luoghi in cui sono avvenuti i fatti (Milano, Rovigo) sia il momento storico degli anni di piombo. La colonna sonora è quasi inesistente se non per un unico momento in cui vediamo le detenute cantare California di Gianna Nannini, un grido di libertà come segnale per coloro che stanno andando a farle evadere dal carcere.
Ci sono pochi picchi emotivi in una narrazione degli eventi altrimenti piatta, sono proprio quelli i momenti chiave della vicenda; il film prende improvvisamente una piega diversa così come le vite dei personaggi. Trovo molto bella, oltre la sequenza delle detenute di cui ho già parlato, quella in cui Segio, tornato nel suo paese natale va a far visita a Piero (Lino Guanciale), ex compagno di Lotta Continua, che lo prega di abbandonare la vita violenta che conduce e fuggire; questo evento è una sorta di epifania del protagonista che, di lì a poco, inizia a riflettere se gli ideali per cui ha combattuto fino ad ora sono ancora perseguibili.
La prima linea si presenta in sordina in un filone cinematografico, quello dei film sulle bande armate, che trova nei primi anni Duemila due esempi molto diversi da lui: Romanzo criminale e Vallanzasca, Gli angeli del male (2010) entrambi per la regia di Michele Placido o la mini-serie Faccia d'angelo (A. Porporati, 2012) sulla mala del Brenta e il suo capo, Felice Maniero (Elio Germano).
Sebbene tematiche e fonti sono grosso modo le stesse – anche i film di Placido e la serie di Porporati sono tratti da libri – La prima linea presenta un sentimento di base molto diverso dagli altri: il pentimento del protagonista. Come il film di De Maria, anche Vallanzasca e Romanzo criminale presentano una forte soggettività dei protagonisti, ma se “il Bel Renè”, interpretato da Kim Rossi Stuart, è qualcuno con “Il lato oscuro un po' pronunciato” o Il freddo (Kim Rossi Stuart), Il Dandy (Claudio Santamaria) e il Libano (Pierfrancesco Favino) sono i tre modi di vedere il potere e la ricchezza che dà la malavita, il Sergio Segio di Riccardo Scamarcio è un uomo che ha visto i propri ideali sgretolarsi sotto i suoi occhi.


Come promesso allego la foto che ho mandato alle amiche, strano ma vero, una ha azzeccato.

Titolo: La prima linea, Regia: Renato De Maria, Anno: 2009, Paese di produzione: Italia, Produzione: Lucky Red, Durata: 100 min.

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